paradosso
qualcosa che sfida il senso comune
(dal greco para=oltre e doxa=opinione) e che pone ogni mente logica in una posizione di indecidibilità.
Possono dare fastidio, perchè ci fanno dubitare delle nostre conoscenze o addirittura delle nostre credenze,
ma poi spingono a ridefinire i nostri concetti.
Di solito un paradosso è una frase, ma può essere anche una
figura e/o una
illusione sensoriale.
In filosofia ed economia è sinonimo di "antinomia", ma in matematica l'antinomia è una vera contraddizione logica.
In linguistica è una
figura retorica, come
l'
ossimoro
i paradossi più noti
Epimenide (VI a.c.)
Lui, cretese, affermò:
"Tutti i cretesi sono bugiardi",
che equivale alla forma pura
"io mento"
Protagora (V a. c.)
al filosofo stoico Protagora Cicerone attrubuisce
la storia della causa e Diogene Laerzio gli attribuisce
la storia del coccodrillo
Zenone (V a. c.)
ideò
sei paradossi, due verso il pluralismo e quattro verso il movimento, introducendo il concetto di infinito
Eubulide (IV a.c.)
si chiese cosa avrebbe risposto un mentitore alla domanda
"sei un mentitore?" e arrivò alla versione senza interlocutore
"questa frase è falsa"
la nave di Teseo
fù conservata intatta nel corso degli anni, sostituendo le parti che via via si deterioravano:
è la nave di Teseo?
Aristotele (384-322 a.C.)
propose il paradosso nella forma dello spergiuro
("giuro di rompere questo giuramento") e in quella del disobbediente
("ti ordino di disobbedirmi")
Giovanni Buridano (?-1358)
introduce due interlocutori: Socrate afferma:
"Platone dice il falso", e Platone ribatte:
"Socrate dice il vero".
Galileo (1564-1642)
sosteneva che la totalità dei numeri pari deve essere esattamente uguale alla totalità dei numeri interi: infatti per ogni numero esiste il suo doppio, che è pari. Ma non è così, i pari sono la metà: da questo comportamento dell'infinito, che sembra paradossale, discende
il pardosso delle due buste.
Miguel de Cervantes nel 1615
raccontò nel Don Chisciotte (II, 51)
la storia del ponte dei bugiardi
il matematico Philip Jourdain nel 1913
propone la forma più essenziale:
"L'affermazione seguente è vera.",
"L'affermazione precedente è falsa".
Bertrand Russel nel 1918
riformulò il paradosso in una delle forme più note:
"chi rade un barbiere che rade le persone che non si radono da sole?".
Hempel e i corvi neri
Carl Gustav Hempel negli anni 40 cercò di dimostrare i limiti del procedimento logico induttivo: dopo aver osservato un milione di corvi neri, l'induziomne ci porta a credere che
"tutti i corvi sono neri" e al suo equivalente
"tutte le cose che non sono nere, non sono corvi". Così l'osservazione di una mela rossa conferma l'assunto che
"tutti i corvi sono neri".
a John Cage
capitò di dire
"non ho niente da dire" e si rese conto che lo stava dicendo. Rimase impressionato e compose il famoso pezzo per piano 4'33", consistente di quattro minuti e trentatre secondi di silenzio.
altri aspetti
la matematica
Ciò che rese famoso l'enunciato di Russel, non certo nuovo, fu il fatto che esso si applicava non al linguaggio, ma
alla matemetica, che i quegli anni veniva riformulata per fondarla sulla nozione di insieme, invece che di figura geometrica o di numero: il paradosso faceva dubitare del nuovo approccio.
il buddismo zen
In alcune scuole buddiste si trova la pratica
kan-na-zen (lo zen della contemplazione della parola) che utilizza i
koan, paradossi logici che vanno oltre la coscienza e il senso comune e creano un opprimente
senso del dubbio cui si può reagire con uno stato di vuoto mentale adatto alla meditazione. Hakuin (1685-1768) ha descritto circa 1700 koan, divisi in sei gradi di difficoltà: occorrono circa trent’anni di studio per padroneggiare l’intera materia e diventare un maestro, ma l'addestramento abituale si limita ad una cinquantina di koan.
la schizofrenia
Se aggiugiamo il tema dell'obbedianza alla storia del barbiere, otteniamo una storia che comincia a diventare inquietante:
"Un ufficiale ordina ad un soldato di radere tutti e soli i soldati che non si radono da soli.".
Oltre al paradosso, troviamo l'impossibilità di mettere in discussione l'ordine: in questi casi di parla di
doppio vincolo. L'esposizione duratura a doppi vincoli può portare a schizofrenia.
Si veda l'iteressantissimo articolo di
Piergiorgio Odifreddi.
Dunque forse normale è colui che conosce la logica, almeno a livello intuitivo:
"o si è logici o si è patologici"?